La poesia struggentemente espressiva di Loretta Marcon fa ricordare un verso di fondo, e fontale, di Georg Trakl, che tradotto in italiano suona: “E’ l’anima straniera sulla terra”.

Se l’anima è straniera sulla terra, comunque si voglia decodificare questa verità universale, dall’“esilio” cattolico all’estraneità esistenzialistica al nichilismo montaliano – ma la Marcon è sul coté  della biblica valle di lacrime – la “stranierità”, mi scuso per la necessaria forzatura, è patria della poesia, perché la poesia vive di assenza e di congedo, anche quando ispiratamente esulta e festeggia – altrimenti, se crede di esaltare la patria terrena, che non esiste, mente e mistifica.

Esempio: “Solo il dolore / ha occhi / per lacerare / la nebbia confusa?”. Sembra una domanda ed è una certezza: solo il dolore vede, come certifica un verso strepitoso di Innokentij Annenskij: “Anche di notte la strada è illuminata dal dolore”.

Ecco, Loretta Marcon cerca questa illuminazione; perché avendo un senso alto della perdita non si fa consolare da recuperi o risarcimenti delle cose: “E ad ogni morte / sono felice. / Un altro passo / verso l’infinità”. Che è un bel pugno nell’anima ma è fede autentica.

Perciò il linguaggio di queste poesie è fortemente metaforico-descrittivo: sembra illustrarti i colori della terra e sta dipingendo quelli dell’oltre. Ciò giunge al lettore con l’impressione di un candore invincibile, di un’ingenuità persino imprudente: ma il Regno è solo dei piccoli e dei bambini.

Il lettore intelligente, dunque, leggendo “luce” e “luna” e “cammino” e quant’altro, non commetterà la colpa imperdonabile di prendere alla lettera le occorrenze lessicali, ma coglierà l’occasione di scoprirle, appunto, occorrenze tonali dell’anima straniera sulla terra.

Giovanni Casoli.

 

Loretta Marcon, docente padovana di lettere e filosofia e  autrice di apprezzati saggi sul pensiero di Leopardi, che le hanno meritato importanti riconoscimenti nazionali, esordisce, non più giovanissima, con un'esile raccolta di versi che merita di essere segnalata per l'afflato lirico che la percorre. Parole che nascono dentro, dall'urgenza di dar voce a un delicato mondo di sentimenti e di emozioni, ma anche di sofferte meditazioni sui temi dell'essere e dell'esistere. Esperienze di vita e riflessioni sulla vita si incontrano e si confrontano nel continuo fluire del tempo, che risveglia ricordi e suscita misteriose presenze attraverso una filigrana di immagini allusive.

Ciò che colpisce in queste poesie è la felice carica metaforica con cui tali immagini riescono a svelare gli stati d'animo che le hanno suscitate. Sono esse a dar vita poetica alla raccolta, esile, come si è detto, per numero ed estensione di componimenti, ma capace di trattenere e di trasmettere al lettore slanci emotivi e inquietudini segrete. Una carica metaforico-descrittiva che, come afferma il prefatore, "sembra illustrarti i colori della terra e sta dipingendo quelli dell'oltre".

Espressioni come spine di silenzio, pugno di parole, nere lucciole, farfalle di ricordi, velluto di giardini, coriandolo d'aquilone, scheletri di stelle, introdotte nei diversi contesti, creano una suggestiva aura poetica in cui si rivela e si placa il travaglio di un'anima sensibile e pensosa.

(Giorgio Ronconi, Padova e il suo territorio, 137, febbraio 2009)















Concorso di poesia OIC - Padova 21.9.2008